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Vera Mukhina


1 luglio 1889, Riga - 6 ottobre 1953, Mosca

E' stata un'importante scultrice sovietica (lettone il nome è Вера Игнатьевна Мухина).

Mukhina è nata a Riga, in una ricca famiglia di mercanti e visse per molto tempo a Turgeneva dove una lapide commemorativa la ricorda. Più tardi si trasferì a Mosca dove ha studiato presso diverse scuole d'arte private, comprese quelle di Konstantin Yuon e Ilya Mashkov. 
Nel 1912 si recò a Parigi dove ha frequentato l'Académie de la Grande Chaumière e ha preso lezioni da Emile-Antoine Bourdelle; viaggiò molto in tutta Italia per esplorare i luoghi dell'arte e conoscere le sculture del Rinascimento.

Nel 1915 e 1916 ha lavorato come assistente di Aleksandra Ekster a Alexander Tairov 's in un teatro di Mosca. Nel 1918 si sposò con Alexei Zamkov, un militare chirurgo.

Nel 1920 Vera diventa una delle scultrici più importanti e conosciute dell'Unione Sovietica (nonostante il carattere cubista della sua produzione almeno fino al 1922) e si trasforma ben presto in una figura di spicco del realismo socialista, sia nello stile delle sue sculture che nell'ideologia. Ha insegnato presso la scuola statale Vkhutemas tra il 1926 e il 1927 e si è imposta all'attenzione internazionale con l'opera del 1937 "Lavoratori e donne kolchoz". 
Il suo lavoro di studio sui monumenti ufficiali e sulle scultura architettonica su commissioni statali continuò fino alla sua morte. Ha anche sperimentato il vetro per la sua produzione di busti. Secondo la leggenda, il classico sovietico sfaccettato tavolo di vetro è stato progettato da Mukhina.
Dal 1941 al 1952 Mukhina vinse il  Premio Stalin per cinque volte e fu nominata "Artista del Popolo dell'URSS" nel 1943. Nel 1953 scrisse "Pensieri di uno scultore".

L'opera più celebre di Mukhina è il gigantesco monumento ai lavoratori che fu al centro del padiglione sovietico nella Fiera Internazionale di Parigi nel 1937. E' stata la prima scultura saldata mai realizzata al monde.
Con i suoi 24 metri di altezza e 75 tonnellate di peso, la scultura è tutta in lamiera di acciao inox su un telaio di legno; le piastre sono saldate tra loro con dei punti.

Le mani dell'uomo e della donna tengono rispettivamente un martello e una falce; i due attrezzi vengono affiancati fino a formare il conosciuto simbolo dell'Unione Sovietica.

I luoghi legati a questa artista, la sua casa natale e il suo studio a Prechistensky non hanno grande valore per la Russia che ha previsto di demolire gli edifici.
Vera è sepolta nel cimitero di Novodevichy.



Il suo studio



Nel suo studio di Parigi, 1913




Nel restauro terminato nel 2009


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Il Ponte dei pugni


E' un ponte di Venezia, situato nel sestiere di Dorsoduro, nei pressi di Campo San Barnaba.

Questo ponte presenta sui quattro vertici della pavimentazione della sommità quattro impronte di piedi in pietra d'Istria e prende questo nome da un'antica tradizione di Venezia da secoli abbandonata: la Guerra dei pugni. Gli abitanti di due fazioni avverse, i Castellani di San Pietro di Castello e i Nicolotti di San Nicolò dei Mendicoli, si scontravano a "pugni" sulla parte superiore del ponte. Dal mese di settembre a Natale, i Castellani e i Nicolotti si sfidavano a colpi di pugni sui ponti della città, allora quasi tutti sprovvisti di ringhiere ai lati. Esiste infatti, anche se meno celebre, un altro Ponte dei Pugni presso il campo di Santa Fosca nel sestiere di Cannaregio, anch'esso con le impronte dei piedi in pietra d'Istria. Inoltre, diversi altri ponti erano stati usati come campo di battaglia nelle guerre dei pugni.

Lo scopo del "gioco" era quello di gettare gli avversari nel rio sottostante. Vinceva la squadra che riusciva a tenere i suoi uomini sul ponte. Nel 1705 vennero proibiti gli scontri dopo che proprio quell'anno ci fu uno degli scontri più cruenti, in cui dai soli pugni si passò ai coltelli.

http://it.wikipedia.org/wiki/Ponte_dei_Pugni



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Maurice Utrillo


Parigi, 26 dicembre 1883 – Dax, 5 novembre 1955

Vero nome Maurice Valadon, Utrillo è stato un pittore francese, specializzato in paesaggi urbani.

Utrillo è stato uno dei pochi celebri pittori di Montmartre, realmente nato lì. Era il figlio illegittimo dell'artista Suzanne Valadon (nata Marie-Clémentine Valadon), che al tempo del parto aveva diciotto anni e faceva la modella per gli artisti. La madre non rivelò mai chi fosse il padre del bambino; tuttavia alcune congetture volevano che fosse nato dal rapporto con un giovane pittore di nome Boissy, o con il più noto Pierre Puvis de Chavannes. Nel 1891, un artista spagnolo, Miquel Utrillo i Morlius, firmò un documento legale in cui ne riconosceva la paternità, tuttavia non si sa se fosse effettivamente il padre.

Il giovane Maurice, mostrò presto una certa inclinazione all'alcolismo (che gli valse il soprannome di Litrillo) e all'assenteismo scolastico, forse anche a causa della scarsa attenzione e dal cattivo esempio della madre. Quando nel 1904, a ventuno anni, fu colpito da una malattia mentale, fu incoraggiato a dipingere proprio dalla madre, mostrando un precoce talento. Senza altro insegnamento, se non quello datogli dalla madre, dipingeva e disegnava quello che vedeva a Montmartre. Dopo il 1910 le sue opere iniziarono ad attirare l'attenzione dei critici, e verso il 1920 era già divenuto una figura leggendaria e le sue opere avevano ormai una fama internazionale. Nel 1928, il governo francese gli attribuì la Legion d'Onore. Durante tutta la sua vita, tuttavia, i suoi disturbi mentali lo portarono ripetutamente all'internamento in manicomio.

Utrillo si sposò nel 1935, all'età di cinquantadue anni, con Lucie Valore e si trasferì a Le Vesinet, appena fuori Parigi. A quell'epoca era già troppo malato per lavorare all'aria aperta, così dipingeva paesaggi visti dalla finestra, da cartoline o a memoria.

Nonostante la sua vita fosse tormentata dall'alcolismo, visse fino a settantadue anni. Maurice Utrillo morì il 5 novembre 1955 e fu sepolto nel Cimetière Saint-Vincent di Montmartre.

http://it.wikipedia.org/wiki/Maurice_Utrillo


Con la madre, Suzanne Valadon


Con la madre e André Utter


Con la moglie Lucie Valore





Il Passage


Chiesa di San Severino


Place des Abesses




Il Moulin de la Galette


Rue Jonquerie
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"Il giardino dei Finzi-Contini" di Giorgio Bassani


E' un romanzo di Giorgio Bassani del 1962. Dal romanzo è stato tratto il film omonimo, diretto da Vittorio De Sica.

La prima stesura avvenne a Santa Marinella (Roma) all'Hotel Le Najadi. Il romanzo fu pubblicato per la prima volta nel 1962 a Torino, vincendo il premio Viareggio nello stesso anno. Il giardino dei Finzi-Contini confluì poi nella raccolta Il romanzo di Ferrara, opera che Bassani pubblicò nell'edizione definitiva del 1980.

Il romanzo racconta la storia di un gruppo di giovani universitari ebrei ferraresi a cavallo tra il 1938 e il 1941. Il protagonista da quindicenne, disperato per un brutto voto agli esami di licenza ginnasiale, viene consolato dalla coetanea Micol Finzi-Contini, della ricca famiglia ebrea dei Finzi-Contini. L'amore adolescenziale sboccia all'istante, ma da quando la famiglia Finzi-Contini cambia sinagoga i due non si vedono più. Passano gli anni, e, quando vengono promulgate le leggi razziali, il protagonista viene allontanato dal club del tennis; ma Micol, sparita per nove anni, lo invita a venire a giocare a tennis a casa sua. Si forma così un gruppo di amici più o meno ventiquattrenni, costituito dal protagonista, Micol e il fratello Alberto, e l'amico operaio "il" Malnate. Le giornate trascorrono spensierate nella quiete del giardino, al riparo dall'imperversare del fascismo e dall'odore di guerra che si sente in giro; lunghi momenti sono trascorsi a passeggiare e a discorrere all'ombra degli alberi da Micol e dal protagonista, in cui riaffiora il vecchio sentimento; e proprio nel momento in cui la loro relazione si stringe di più, Micol parte, e va a laurearsi a Venezia. 

Il protagonista trascorre ora le giornate aspettando, in compagnia del placido Alberto e del pragmatico Malnate, spesso a cena dalla famiglia Finzi-Contini. Ma quando Micol ritorna e lui d'impulso la bacia, il loro legame comincia a incrinarsi, fino a quando, dopo mesi di vani tentativi, Micol gli intima di lasciarla in pace, e di farsi vedere il meno possibile in casa sua. Ma la speranza è l'ultima a morire, e lui comincia a frequentare assiduamente il Malnate, l'"adulto politicizzato", da cui è istruito alla politica, e grazie al quale abbandona lentamente il mondo idealizzato del Giardino, focolare delle sue adolescenziali passioni. E, dopo che il Malnate lo porta in un lupanare e dopo essersi trovato a discutere col padre da pari a pari di sesso, di politica e di amore, da ragazzo un po' cresciuto diventa adulto, e una notte, entrato di nascosto nel giardino di casa Finzi-Contini, finalmente si convince definitivamente e se ne va. 

Il romanzo termina così; in un breve epilogo di due pagine è narrata la fine di tutti i membri della famiglia Finzi-Contini: Alberto muore di tumore, gli altri sono deportati nei campi di concentramento. L'idealismo di Micol, quell'idealismo totale degli adolescenti, continua fino all'ultimo, fino a quando la vita, quella vera, lo annienta. Il Malnate, invece, il giovane maturo e conscio della situazione politica, muore in guerra sul fronte russo. E, finito l'idealismo, finita l'inconsapevolezza dell'"età fiorita", al protagonista uomo che racconta la storia in analessi non resta che un ricordo.
La peculiarità di questo libro è la fusione di elementi decadenti e elementi neorealisti, dove l'elegia decadente filtra le vicende dell'Italia fascista e delle leggi razziali; l'oggettività del racconto lascia spazio a un io narrante che racconta la sua storia mediata attraverso il suo animo e la sua memoria, che dilata i periodi per lei più significativi relegando in poche righe o addirittura omettendo ciò che non è funzionale al ricordo; l'operazione di denuncia degli orrori della guerra non è quella compiuta negli altri romanzi neorealisti, dove i fatti sono brutalmente e oggettivamente enunciati per una funzione catartica, ma l'orrore delle leggi razziali è celato in tutto il libro, e si mostra per un attimo al lettore nelle due pagine dell'epilogo, dove l'"età fiorita" e il tempo della memoria lasciano posto allo stupro dell'intimo e ad un brusco elenco di morti. In questo modo la denuncia sicuramente non è più immediata di quella delle altre opere neorealiste, ma, a distanza di quarant'anni, più sottile e profonda.

http://it.wikipedia.org/wiki/Il_giardino_dei_Finzi-Contini

http://skuola.tiscali.it/libri/bassani-finzicontini.html

De Sica ne ha tratto un film bellissimo, ma purtroppo il giardino dei Finzi-Contini non è mai esistito; si tratta solo di una finzione letteraria.






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"Il piccolo Principe" di Antoine de Saint-Exupéry


E' l'opera più conosciuta di Antoine de Saint-Exupéry.

Pubblicato il 6 aprile 1943 da Reynald & Hitchcock in inglese, e qualche giorno dopo in francese, è un racconto molto poetico che, nella forma di un'opera letteraria per ragazzi, affronta temi come il senso della vita e il significato dell'amore e dell'amicizia. È fra le opere letterarie più celebri del XX secolo e tra le più vendute della storia: è stato tradotto in più di 220 lingue e dialetti e stampato in oltre 134 milioni di copie in tutto il mondo.

In un certo senso, costituisce una sorta di educazione sentimentale. L'opera, sia nella sua versione originaria che nelle varie traduzioni in decine di lingue, è illustrata da una decina di acquerelli dello stesso Saint-Exupéry, disegni semplici e un po' naïf che sono celebri quanto il racconto.

Gli stessi disegni sono stati utilizzati per creare le copertine del libro. Ad oggi ne sono state stampate ben 657.789 differenti rielaborazioni.

Il racconto è dedicato al bambino che fu Léon Werth, amico dell'autore, il quale qualche mese più tardi scrisse d'essersi pentito e che avrebbe dovuto dedicarlo alla moglie Consuelo Suncín (1902-1979). L'autore lo scrisse negli Stati Uniti, mentre abitava nella "Bevin House" di Asharoken, Long Island, NY.Un pilota di aereo, precipitato nel deserto, incontra un bambino semplice, che per prima cosa gli chiede "Mi disegni una pecora?". Allibito, il pilota, disperato per la situazione in cui si trovano, non si capacita di questa ed altre richieste strane del bambino. Questi, poco per volta, dice di essere il principe di un lontano asteroide, sul quale abita solo lui e una piccola rosa, molto vanitosa, che lui cura e ama.

Il piccolo principe racconta che, nel suo vagare per lo spazio, ha conosciuto diversi personaggi strani, ciascuno dei quali gli ha insegnato qualche cosa. La cura per la sua rosa lo ha fatto soffrire molto, perché spesso questa si è mostrata scorbutica o molto pretenziosa. Ora però che è lontano, il Piccolo Principe scopre piano piano che le ha voluto bene, e che anche lei gliene voleva. Purtroppo però non si capivano. Il piccolo principe, proveniente dall'asteroide B612, aveva bisogno della pecora per farle divorare gli arbusti di baobab prima che crescessero e soffocassero il suo pianeta.

E da qui inizia il racconto dei pianeti che il piccolo principe ha visitato, con gli strani personaggi che li abitano. Da ciascuno di essi il piccolo principe se ne va con l'idea che i grandi siano ben strani, e con un piccolo insegnamento per sé:
un pigro, che ha trascurato i baobab del proprio pianeta da piccoli, ha scoperto che se si lasciano crescere i baobab, questi soffocano tutto quello che c'è;
il signor Cremisi, su un altro pianeta, ha passato la vita a contare le stelle, allo scopo di diventare più ricco e comprare altre stelle, senza amare nessuno, ripetendo come un fungo: "Io sono una persona seria";
un vecchio re solitario, che si crede onnipotente, cerca di farlo suo ministro, dando ordini solo in modo da essere sempre ascoltato;
un vanitoso chiede solo di essere ammirato e applaudito, senza ragione;
un ubriacone beve per dimenticare la vergogna di bere;
un lampionaio deve accendere e spegnere il lampione del suo pianeta ogni minuto, perché il pianeta gira a quella velocità; per quest'uomo il piccolo principe prova un po' di ammirazione perché è l'unico che non pensa solo a se stesso;
un geografo sta seduto alla sua scrivania ma non ha idea di come sia fatto il suo pianeta, perché non dispone di esploratori da mandare ad analizzare il terreno e riportare i dati.

Questi consiglia al piccolo principe di visitare la Terra, sulla quale finalmente il nostro protagonista giunge, con grande stupore per le dimensioni e per la quantità di persone. Il suo primo incontro, nel deserto, avviene con un serpente, simbolo della morte, che però è vista in senso positivo, come l'inizio di un viaggio. Proseguendo con il suo viaggio, egli incontra un piccolo fiore, delle alte cime, ed infine un giardino pieno di rose fiorite. La sua rosa aveva raccontato al piccolo principe di essere l'unica di quella specie in tutto l'universo, e quindi egli rimane molto deluso da questa scoperta. Ma non fa in tempo a pensarci molto, che compare un piccolo volpe, che gli chiede di essere addomesticato e di essere suo amico. La volpe parla a lungo con il principe dell'amicizia, della sua rosa, che in realtà è unica al mondo per le cure e l'amore che lui le ha prodigato; poi, alla fine del loro incontro, gli rivela il suo segreto: "Non si vede bene che col cuore; l'essenziale è invisibile agli occhi".

Il principe incontra poi un indaffarato controllore, che non sa giustificare la ragione per cui la gente va avanti e indietro sempre di fretta; l'ultimo interessante incontro è con un venditore di pillole che calmano la sete, facendo risparmiare un sacco di tempo. Dopo aver ascoltato tutto il racconto del piccolo principe, il pilota non è riuscito a riparare l'aereo e ha terminato la scorta d'acqua. Ecco allora la proposta assurda e ingenua del bambino: "Anch'io ho sete… cerchiamo un pozzo… ".

Dopo una giornata di cammino, i due si fermano stanchi su una duna ad ammirare il deserto nella notte, bellissimo nella sua maestosità, ma bellissimo soprattutto perché "ciò che abbellisce il deserto", disse il piccolo principe, " è che nasconde un pozzo in qualche luogo…". Di qualunque cosa si tratti, quello che fa la sua bellezza è invisibile. Con in braccio il bambino addormentato, il pilota cammina tutta la notte, e finalmente all'alba scopre il pozzo. "Un po' d'acqua può far bene anche al cuore" commenta il piccolo principe, e bevono entrambi con gioia. Il pilota torna al lavoro al suo apparecchio, e la sera seguente ritrova il piccolo principe ad attenderlo su un muretto accanto al pozzo, mentre parla con il serpente che aveva incontrato. Il piccolo principe tornava lì, dopo un anno dall'arrivo sulla terra, per tornare al suo pianeta. Il serpente, con il suo morso, era il mezzo per potersi liberare del corpo, troppo pesante per arrivare così lontano. E così, nella notte, in una scena struggente, il piccolo principe fa il grande passo per ritornare dalla sua rosa. Il suo corpo cade a terra, esanime, ma "sarà come una vecchia scorza abbandonata". Ancora una volta, "l'essenziale è invisibile agli occhi".

E il piccolo principe così, forse, ritorna dalla sua rosa, con la pecora, la scatola e la museruola. E lascia in regalo al pilota il suo sorriso, il suo messaggio, e un mare di stelle da guardare, sapendo che lassù, da qualche parte, un piccolo principe sta prendendosi cura della sua rosa.

http://it.wikipedia.org/wiki/Il_piccolo_principe





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Le ville di Vasto


Vi posto le immagini (purtroppo prese con uno "shot" da Google) dei piccoli palazzi che costeggiano il mare verso Vasto (CH).
Come ben sapete raccolgo le foto delle case per le mie serie (Le ville del TerraglioLe ville di Livorno)







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Eugène Boudin


Honfleur, 12 luglio 1824 – Deauville, 8 agosto 1898

E'  stato un pittore francese di umili origini.

Nel 1835 si trasferisce a Le Havre, dove lavora come apprendista presso una tipografia, riuscendo poi ad aprire un negozio di colori e dedicandosi alla pittura.
Nel 1848 compie un lungo viaggio nella Francia settentrionale e nelle Fiandre, approfondendo gli studi sulla tecnica pittorica.
Nel 1850 ottiene una borsa di studio comunale che gli permette di studiare a Parigi, sotto la guida di Constant Troyon; questa esperienza gli consente di affiancare una solida formazione tecnica alla sua gioia e passione di dipingere la natura.

Nel 1855 torna a Le Havre e si specializza nei paesaggi della costa del Nord, ispirati a Corot, il quale soprannomina Boudin il "re dei cieli", sottolineando la pregevole tecnica con cui dipinge le nuvole e le sfumature di azzurro che occupano buona parte dei suoi quadri. Per ottenere i suoi caratteristici effetti di immediatezza e spontaneità, pone sulla tela una sostanza a base di ocra chiaro e biacca, una sostanza colorante bianca, servendosi poi di pennelli a setola dura per sovrapporre i colori: in questo modo emergono dal fondo, con pennellate rapide e discontinue, delle zone con maggiore luminosità.
Proprio in quegli anni conosce Gustave Courbet, Claude Monet e Johan Barthold Jongkind.

In effetti è proprio il nuovo atteggiamento del pittore verso la natura e il paesaggio a permettere la straordinaria rivoluzione operata dagli impressionisti, che ne assimilano sia le innovazioni stilistiche sia lo spirito.
Monet stesso confesserà: "Se sono diventato pittore lo devo a Eugène Boudin. È a lui che devo l'educazione definitiva del mio occhio".

Nel 1859 Boudin viene ammesso per la prima volta ad esporre al Salon, ricevendo molte critiche ma ottenendo al contempo un discreto successo e l'ammirazione del poeta Charles Baudelaire.
Nel 1868 esegue dei pannelli decorativi per il castello di Bourdanville.
Nel 1870, in seguito alla guerra franco-prussiana, si trasferisce a Bruxelles; è durante questo soggiorno che conosce il mercante d'arte Paul Durand-Ruel, il primo a comprendere l'importanza degli impressionisti e a mettere in vendita i loro quadri nella sua galleria di Parigi e all'estero.Nel 1874 partecipa alla mostra degli impressionisti, di cui è considerato uno dei padri. Boudin tuttavia partecipa solo alla prima esposizione di questa corrente pittorica, presso il fotografo Nadar.

Poi, forse spaventato dalle polemiche e deluso per l'insuccesso commerciale, preferisce partecipare solo alle mostre annuali dei Salon. Trasferitosi a Deauville, compie numerosi viaggi in Italia e sulla Costa Azzurra, specializzandosi nelle marine.

Muore a Deauville l'8 agosto del 1898.

http://it.wikipedia.org/wiki/Eug%C3%A8ne_Boudin







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